Siamo alla 7^ tappa del Pugliatrail, siamo alla 11^ edizione del Trail delle Cinque Querce. Sono le 7:45 del 24 novembre e Gravina ci accoglie, come lo scorso anno, con una pungente aria invernale, questa volta però, un meraviglioso cielo azzurro, lascia presagire, una splendida giornata di sole.
Oggi siamo nella terra dove è nato il trail in Puglia!
Appena giunti nel punto di ritrovo, entriamo in uno stand dove veniamo inebriati dal profumo delle pettole. C’è un’aria di Natale, di famiglia, di condivisione e amicizia. Sono queste le note che accompagnano le tappe del Pugliatrail!
460 iscritti: eccoli i volti a noi noti. I sorrisi, gli abbracci, gli sguardi di intesa, sono quelli a noi famigliari. Ormai siamo una grande famiglia!
Manca poco allo start e già si sente parlare di un runner proveniente dal nord Italia. Siamo tutti curiosi di vedere cosa accadrà oggi, perché nulla è scontato e perché ogni tappa è un’avventura!
Ore 8:30 , il sole splende in cielo, le temperature sono piacevoli, l’adrenalina è alle stelle, siamo tutti pronti ai posti di partenza, emozionati e consapevoli che a breve, affronteremo uno dei trail più belli, ma anche più impegnativi del Pugliatrail, alla fine del quale, potremo dire “ SONO UN TRAIL RUNNER”. Perché la verità è che il TCQ è per molti, ma non per tutti!
La partenza, dall’area Fiera di San Giorgio, è il primo passo verso l’ignoto. L’aria è carica di emozioni: intorno a noi, sguardi curiosi e visi sconosciuti, casacche variopinte di atleti che hanno attraversato confini per essere qui. Camelbag stretti ai fianchi, fasce portaborracce come fedeli compagni: siamo guerrieri di un’impresa che chiede strategia, equilibrio e forza interiore.
Il ritmo si adatta, lento ma deciso, mentre il percorso ci porta subito su corso Aldo Moro, e in pochi istanti ci ritroviamo nel cuore antico di Gravina. Le viuzze strette ci avvolgono come un abbraccio, il basolato in pietra sotto i piedi ci racconta di passi millenari, mentre le grida festose degli abitanti ci riempiono di una gioia contagiosa. È una sinfonia di vita, fatta di musica, colori e cori che alimentano l’adrenalina.
Poi, come in un sogno, ecco via Giudice Montea, il punto più magico del percorso. Lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi lascia senza fiato: il pianoro della Madonna della Stella, con i suoi antichi insediamenti rupestri e il maestoso ponte acquedotto romano, si staglia contro il cielo come un quadro vivente. Attraversare quel ponte non è solo un passaggio: è varcare una soglia, unire il passato e il presente, sentire il peso e la bellezza di una storia che ci chiama.
Ma non c’è tempo per fermarsi a sognare. Il sentiero si fa duro, risale il colle Botromagno, che per gli antichi Greci era “Petramagna”, la grande pietra. Qui il respiro si accorcia, i muscoli bruciano, ma l’anima si innalza. Il parco archeologico di Gravina, uno dei più grandi d’Europa, ci accoglie con i suoi silenzi e il suo eco di civiltà perdute, che risalgono a 10.000 anni fa, ben prima che le piramidi egizie sorgessero nel deserto. Ogni passo è un dialogo con la storia, un tributo a chi è venuto prima di noi.
La discesa verso la Terra Santa è un momento di tregua, ma subito la sfida si rinnova: il colle Pennino, con la sua lunga e ripida salita, si erge come un gigante davanti a noi. Eppure, al culmine della fatica, tra uliveti e frutteti, il paesaggio si schiude ancora una volta. Di fronte a noi, il bosco Difesa Grande, un tempio naturale che sembra respirare. Le querce imponenti ci accolgono sotto le loro fronde variopinte, mentre i sentieri, accarezzati da un tappeto di foglie, ci invitano a sognare. È un luogo sacro, dove il tempo si ferma e l’anima si rinnova.
Ma ogni sogno ha il suo risveglio. Il torrente Pentecchia, ormai in secca, ci ricorda la dura realtà della gara: un’ultima salita, implacabile, ci riporta sul colle Pennino. Dall’alto, una discesa vertiginosa ci lascia “galoppare” come liberi spiriti fino al torrente Canapro, il cui letto, asciutto e silenzioso, ci guida verso uno spettacolo mozzafiato. Qui non si corre più: si contempla. Il ponte di pietra che sovrasta la gravina è una porta verso l’infinito, un passaggio tra il terreno e l’etereo.
Attraverso la necropoli, poi la grotta del Padre Eterno, ci immergiamo sempre più nella storia, fino alla pineta comunale. La salita finale è breve, ma ripida, come l’ultima nota di una sinfonia che si avvia alla conclusione. E poi, il traguardo: prima invisibile, poi un canto lontano, e infine un’esplosione di gioia.
Musica, applausi, e la voce calda della speaker ci accolgono al termine di questa epica avventura. Ogni sorriso, ogni stretta di mano, è un sigillo su un’esperienza che va oltre il corpo, toccando il cuore.
“Ad astra”, dicevano i saggi: alle stelle. E chi ha corso qui, tra la storia e la natura, tra il sogno e la fatica, sa che le ha davvero sfiorate.
Questa volta il primo a tagliare il traguardo è Stefano Rinaldi, un atleta lombardo, seguito dal caro Antonio Maggisano e dal buon Vito Locaputo.
Fra le atlete donne, taglia il traguardo per prima, la cara Silvana Iania, seguita dalla bravissima Laura Magista’ e da una formidabile Piera Pastore.
Il Trail delle Cinque Querce non è solo una gara: è un’esperienza che unisce anima e corpo, storia e natura, sogno e realtà. Chi ha avuto il privilegio di percorrere quei sentieri sa che ogni passo è un’emozione, ogni salita una sfida, ogni traguardo un pezzo di eternità. È più di un trail: è la magia che fa sognare, un’avventura che rimane nel cuore per sempre.
Articolo a cura di Mariangela DI LENA e Giuseppe MOLITERNI